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Come sono diventato Tour Operator in Madagascar (parte uno)

Oggi ho deciso di parlare un po’ anche di me.

Ho deciso di spiegarvi qual è stato il percorso che mi ha portato a essere un tour operator di successo ( il leader di settore si diceva ai tempi, leader per lo meno per quello che riguarda la grande isola e solo e unicamente sul mercato italiano).

Sono arrivato in Madagascar alla fine del secolo scorso; fu a causa di una serie di coincidenze: ero attratto dai viaggi che proprio in quell’epoca potevo cominciare a fare (ero poco più che ventenne) e ero anche a corto di soldi visto che da anni ormai vivevo da solo ed mi ero obbligato a studiare e a mantenermi tramite piccoli lavoretti.

Per fortuna capitai su un contatto di una signora italiana che usava ICQ , uno dei primi sistemi di messaggistica internet esistenti, che viveva a Nosy Be e che cercava un collaboratore con conoscenze di informatica e di database per darle una mano nell’organizzazione dell’ufficio.

Lei era la vera pioniera del turismo in Madagascar; aveva un piccolo tour operator su Ambatoloaka e gestiva clienti per diversi tour operator italiani e non solo e cominciava già in quegli anni ad avere un sito internet.

Ricordo che era un’epoca lontanissima del turismo, quando ancora le cose si facevano con i fax e le lettere affrancate della posta. Noi a Nosy Be avevamo un modem 14 k con una connessione molto instabile: per capirci una mail senza allegati ci impiegava diversi minuti per essere scaricata e non sempre ci si riusciva al primo colpo.

L’isola di Nosy Be non aveva nulla a che vedere con quella che è adesso: luce in casa quasi inesistente, acqua che funzionava goccia a goccia, c’erano già i primi telefoni portatili ma non esisteva nessuna strada asfaltata se non alcuni pezzi di asfalto sulla strada per Hellville.

Esistevano una decina di hotel, carini e semplici, nulla a che vedere con i resort da centinaia di camere che si trovano attualmente. Di conseguenza nessun volo diretto, pochissimi che offrivano servizi di escursioni , vela o immersioni.

Ci si ritrovava al bar la sera alla luce delle candele a bere birra spesso caldissima. Si condividevano taxi clandestini che erano Renault 4 che partivano solo una volta pieni: e pieni significava 12 persone.

In pratica per cercare di unire l’utile al dilettevole, cioè viaggiare facendo anche un’esperienza lavorativa, mi ritrovai catapultato dalla brutta Milano anni 90 con una vita divisa tra università cattolica e lavori nelle cucine di tantissimi ristoranti a un semi paradiso terrestre dove niente funzionava.

E se ero partito con la sola idea di fare un periodo di tempo di lavoro vacanza ero tornato con l’idea che quel posto fosse molto migliore di dove abitavo e quel tipo di vita era sicuramente preferibile a quella che mi sarebbe toccato fare in Italia.

Onestamente aver passato un po’ di tempo in un paese così diverso dal mio, l’aver vissuto come residente e non come turista un posto così diverso mi aveva fatto rendere conto che forse dovevo riscrivere i pochi progetti per il futuro.

E torniamo al titolo del post: ero andato li perché volevo imparare il mestiere di Tour operator e trovarmi un mentore che mi indicasse la strada?

No, assolutamente; all’epoca entrare nel mondo del turismo non era un mio sogno anche se mi ero già trovato a lavorare nell’organizzare colonie estive per la provincia di Milano e viaggi studi per la scuola dove svolgevo il servizio civile.

Avrei accettato qualsiasi tipo di lavoro su Nosy Be, dal cuoco all’informatico; fortuna volle che scoprì un mondo che stava nascendo. E di cui tenni memoria anni dopo.

Vero che non avevo imparato delle vere skills del settore: nel periodo passato in quell’esperienza mi ero dedicato più a riorganizzare il database clienti fornitori e a volte avevo pure accolto qualche turista all’aeroporto e avevo cercato di proporre escursioni e circuiti. Ma non avevo imparato nulla di come si costruisce una vacanza, di come si discute con gli alberghi, non mi ero mai interfacciato con le agenzie in Italia.

Ma avevo capito che era una professione nascente e il posto era adattissimo perché una professione del genere avesse successo.

Eravamo rimasti che ero tornato in Italia dopo la breve esperienza a Nosy Be. Ritornare alla solita vita fatta di pigri studi e lavori sottopagati mi aveva convinto che avrei dovuto provarci per lo meno a trasferirmi in Madagascar o in un posto simile.

Non vi nascondo che stessi guardando posti anche diversi, come le piccole isole caraibiche anglofone o poti in cui il turismo era nato già da qualche anno come cuba o santo domingo.

Per cui continuai per un periodo di 4 anni a intervallare viaggi turistici alla scoperta del Madagascar con il mio solito tran tran milanese.

Fino al 2002 anno in cui decisi di provarci per davvero.

Misi via un po’ di soldi da un lavoro a Milano e mi lancia in una lunga stagione estive nelle cucine dell’isola d’Elba: sei mesi in cui avevo vitto e alloggio e il solito stipendio a nero abbastanza ben pagato.

In ottobre 2002 partii definitivamente armato di 10 mila euro e tante speranze senza un serio progetto in testa.

Girai un po’ di città per vedere cosa potevo fare e decisi di fare l’unica cosa che il periodo universitario mi aveva insegnato: cucinare.

Aprii quindi un ristorantino in pieno centro a Antsirabe, 6 tavoli senza troppe pretese; i soldi erano pochissimi perché aereo e documenti per il permesso di soggiorno avevano mangiato un bel pezzo del misero tesoretto.

Ricordo che quando cominciai, il ristorante non aveva neanche un frigo ma solo un congelatore; lavoravo sul fresco con pochi piatti e il resto o si congelava o lo si cucinava per noi il giorno successivo.

Cominciai a fare pizze, quasi sconosciute 20 anni fa in Madagascar; di riffa e di raffa il ristorante mi stava dando da mangiare.

Certo dormivo nel retrobottega, facevo cuoco cameriere barman, pulivo in terra , facevo la spesa al mercato. Un lavoro che avrei potuto fare solo a 20 anni a quei ritmi folli.

SEGUE…

Giorgio

Viaggiatore, tour operator e lettore. Vivo da anni in Madagascar ad Antsirabe dove sviluppo parecchi progetti specialmente in ambito turistico.

View Comments

  • Bravo 👏 complimenti ho vissuto anch’io le isole nosybe e tutte quelle vicine e SaintMarie negli anni 90 . Tamatave e Antananarivo . Sono tornata in Madagascar capitale e sud nel 2018 per conoscere quella parte mai vista , vorrei tornare a Nosybe ma credo conoscendomi ne rimarrei delusa, preferisco ricordare quel posto meraviglioso senza luce pesce pescato e cucinato in spiaggia ananas e punch al cocco solo magasci e qualche francese .

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