Ho chiesto nei giorni scorsi consigli a una delle persone che reputo le più esperte per spiegarci l’arte (dai si dice così) culinaria di quel popolo fantastico che abita la costa intorno alla città di Tulear nel sud ovest del Madagascar, il mitico Dario Maria Merzagora, che con il socio Valerio gestiscono uno degli alberghi più interessanti della costa, il Peter Pan di Anakao; cucina eccelsa (e se ve lo dico io fidatevi che è uno dei posti che preferisco per cura nei dettagli e qualità dei prodotti), allegria e conoscenza di quella fauna locale di espatriati strani che abitano la costa che spesso sembra portarci in un film anni 50.
Per cui lasciamogli la parola per questa LECTIO BREVIS sulla cucina vezo.
Signore e signori DARIO MARIA MERZAGORA (applausi)
La cucina del popolo del sud ovest è molto basica, consiste ovviamente nel vary (il riso bianco) accompagnato da pesce o carne in salsa di pomodoro, bolliti di manioca o patata dolce, oppure la tsaka, che è una deliziosa melange di erbe tipo spinaci come il ravinbleu, gli anamamy, kimalao (o bred mafana) sedesiny e bodomorongo, che mischiati a carne o pesce consistono nel celebre ramazava. Le terre desertiche del sud ovest possono produrre esclusivamente queste erbe e la manioca, ma non tutte le verdure consuete alla cucina europea e fa specie vedere in vendita nei negozietti locali, delle piccole conserve di doppio concentrato di pomodoro italiano di marca “Fana”, usatissimo dai locali per cucinare le salse; queste piccole conserve non presentano la data di scadenza e contengono un liquido rossastro che è difficile immaginare che sia stato derivato dal pomodoro. Se pero’ questi piatti vengono cucinati con ingredienti genuini possono anche essere molto buoni.
La mancanza di vitamine nella dieta del sud ovest puo’ effettivamente creare problemi alla popolazione, come anche la carenza di norme igieniche nel cucinare e nel lavare i piatti, le posate e le pentole. Il fatto che in molte localita’ del sud ovest non esistano sorgenti di acqua dolce e pulita non facilita le cose, lasciando molte tribu’ costrette a bere acque salmastre colme di batteri. Il falso mito che i locali abbiano forti anticorpi e che difficilmente si ammalino è da sfatare. Sembra quasi una giustificazione per non vedere la realta’. Infatti queste popolazioni purtroppo sono afflitte frequentemente da malattie gastrointestinali come amebe, tifo, epatiti e parassiti endemici anche molto pericolosi e come se non bastasse, i centri medici di base presenti nel territorio non dispongono assolutamente dei mezzi necessari per far fronte al problema, è per esempio frequente vedere bambini col ventre ingrossato, indice della presenza di parassiti intestinali, che seppur facilmente curabili, minano la salute nella fase della crescita.
Esistono poi cibi molto caratteristici che potrebbero far storcere il naso agli europei fanatici dell’ecologia, infatti i Vezo sono un etnia che non ha tabu’ alimentari, come la maggior parte delle etnie del Madagascar. Le ristrettezze economiche ed effettivamente la bonta’ di certe carni possono spiegarne il consumo; vengono infatti abitualmente mangiati delfini e tartarughe di mare (fano) o di terra (tsakafy). Un aneddoto: una volta passeggiavo a Tulear in compagnia del mio fidanzato, un ragazzo dell’etnia dei Tanalana. Camminando incrociamo una signora che portava un grosso vassoio sulla testa; il mio ragazzo la fermo’ e le diede una banconota da 500 ariary e comincio a mangiare delle strane strisce bianche inoliate, senza pensarci ne presi una e me la misi in bocca. Il gusto non era di mio gradimento e la sputai, nel mentre lui ne aveva gia mangiate 4 o 5, quindi gli chiesi di cosa si trattasse, e mi spiego’ che si trattava di “tinainy fano” ovvero intestini di tartaruga marina bolliti… questo è un chiaro esempio di streetfood del sud ovest malgascio!
Sono quasi dieci anni che vivo a contatto con questo popolo, con cui mi trovo a meraviglia e sono assolutamente integrato, ma devo ammettere che ho imparato seriamente a fare attenzione a cosa mangio, tanto non si offende nessuno a rifiutare, poiche’ ho gia’ sperimentato sulla mia pelle la maggior parte dei disagi intestinali comuni nei quali si incappa se ci si inoltra troppo in queste esperienze, che, seppur simpatiche e conviviali, mancano spesso delle norme igeniche necessarie a conservare una buona salute.
Le splendide spiagge più turistiche del sud ovest pullulano di ragazzi che cercano di abbordare i turisti per coinvolgerli in attivita’ che possano apportare qualche soldo alle loro famiglie; fino a qui tutto bene, ma purtroppo, spesso, questi sedicenti “rabateur”, ovvero procacciatori di affari, propongono situazioni dove le norme igieniche non vengono per niente rispettate, generando problemi di pancia alla gran maggioranza dei turisti che decidono di fare questo genere di esperienze. Mi ricordo di quando ero nuovo ad Anakao; una volta decisi di accettare la proposta di uno di questi ragazzi… eravamo in tre italiani e dato che l’hotel in cui stavamo (l’atlantide, che non esiste piu’) non aveva i bagni, passammo la notte in spiaggia a maledire il fatto di non avere ascoltato il proprietario dell’hotel che ci aveva avvertito del rischio a cui eravamo andati incontro…
Photo credit Gianni Kech
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